Allora, adesso vado giu' di report.
Volevo aspettare perche' sinceramente non mi ricordo per bene la set list, ma per quello c'e' sempre rimedio.
Quindi, via, si parte.
In una serata speciale, particolarmente sentita dagli americani, come quella di Halloween, vedere Mike Patton dal vivo, fa il suo effetto. Specialmente se lo fa con i Tomahawk, e soprattutto se -ahime', lo devo ammettere- e' la prima volta per me, nonostante segui il nostro eroe fin dai suoi esordi...
La location non e' male. Seppur piccolino, il Granada Theater in termini di acustica ed organizzazione e' meglio di molte altre piu' blasonate arene dallassiane.
Le porte si aprono precisamente alle 8, e la fila e' poca. Prima tappa fissa, l'acquisto delle magliette e dei gadget vari. Sfortunatamente, lo stand e' povero, e solo due cose sono disponibili: una maglietta con una grafica -bellissima!- sola, o il poster autografato. La mia scelta va per la maglietta, e lascio a malincuore il poster autografato, ma in quanto ad autografi, verro' premiato piu' tardi.
Il pubblico e' piu' che mai variegato. Mediamente non giovanissimi (ma ormai, questo e' assodato: negli States solo piu' noi anzianotti andiamo ai concerti), magliette di tutti i tipi, ad indicare che Mike e' seguito da veramente un pubblico piu' che mai diverso, e alcuni travestiti, come vuole la tradizione di Halloween.
Alle 9 si alza il sipario, e i Pujol (
www.facebook.com/PUJOLDOTCOM) aprono le danze. Arrivano da Nashville, e si sente tutto: forti influenze country si mischiano ad una vena rock e punk, con dei coretti ruffiani che potrebbero anche fargli fare il botto. I 4 sono giovanissimi (avere 20 anni ed essere sul palco ad aprire per i Tomahawk deve fare un certo effetto) ma sul palco sanno come muoversi, ed il pubblico reagisce positivamente. Bravi!
Suonano per mezz'oretta circa, e poi salutano, lasciando spazio a Mike e co..
Alle 10, si rialza il sipario. I Tomahawk sono li', pronti. Mike in mezzo al palco, con canottiera da muratore e maschera da lottatore messicano raffigurante un teschio davanti al suo mini palchetto, fatto di computer, microfoni ed effetti, Duane sulla sinistra vestito da marinaio, Trevor, con maschera da scimmia sua sinistra e Stanier in fondo, con una camicia inguardabile ed un set di batteria minimale e molto kitch...
Aprono con la mia preferita "God hates a coward", e il Granada viene letteralmente giu'. Tutti che cantano, e Mike che sa come incitare ancora di piu' la folla.
Musicalmente c'e' poco da dire: sono formadibili, e non sbagliano un colpo (a parte due stecche di Duna, il quale se ne accorge e ci ride su, e poi dopo mi spieghera' pure il perche'). Seguira' poi tutto il meglio dei Tomahawk: da "Bird song" a "Rape this day", passando per "Flashback" e "Laredo". Non mancano anche i pezzi nuovi: a parte la conosciuta "Stone letter", altri 4 pezzi vengono suonati. Pezzi molto diversi tra loro, e soprattutto molto diversi da "Stone letter", quindi credo ce non ci sara' da preoccuparsi pe ril prossimo disco...
Dopo un'oretta finiscono, per poi ritornare di nuovo e suonare per un'altra quarantina di minuti.
Finito il concerto, vado fuori ad asepttare. E loro si fanno aspettare.
Dopo piu' di un'ora che sto fuori sul retro con altri pochi disperati come me (per fortuna siamo in Texas, e per ora ci sono 20 piacevoli gradi di sera) vengo premiato. Il primo a presentarsi e' Duane. Arriva da noi, firma autografi, fa le foto e non la smette piu' di parlare: dice che il disco poteva essere gia' pronto, ma poi hanno dovuto rimandare, dice che ha avuto modo di provare poco perche' Trevor era in giro coi Melvins (e qui si spiega perche' ha steccato) e racconta di come Mike e lui si siano conosciuti...
Ad un certo punto esce Trevor col basso in mano, va dritto nel tour bus e torna indietro. Il nano malefico ricomparira' molto piu' tardi con una bottiglia di rum, fara' due facce da scemo, ma non parlera' con nessuno e sparira' sul bus (maledetto nano, volevo il suo autografo!!)...
Passa un'altra ora buona, e finalmente esce Mike. E' disponibile, parla con tutti, e quindi succede quello che potete leggere all'inizio di questo 3d.
Poco dietro c'e' Stanier, che poverino non se lo caga nessuno... Scambio quattro chiacchiere anche con lui, mi faccio fare l'autografo e poi e' ora di tornare a casa.
Mike e co. sono diretti verso Houston, mentre io mi dirigo verso casa (con la speranza di beccare un taxi) felice come un bambino la mattina di natale...