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CoC, interview

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Lilith
view post Posted on 27/4/2005, 22:04     +1   -1




CORROSION OF CONFORMITY

Southern elegy

di Simona Conte

I Corrosion Of Conformity sono stati per me, nei primissimi anni Novanta, una band di “formazione”. Attraverso il loro sound estremamente aggressivo, contaminato e lontano da tutte quelle che erano le tendenze del momento, mi hanno dischiuso (insieme ad un’ammirazione smodata per Pepper Kenaan) inediti spiragli di approfondimento in un ambito musicale, quello del crossover, allora estremamente rigoglioso. Come dimenticare album corrosivi quali “Blind”e “Deliverance”? Come non serbare memoria di lavori intensi e oscuri, nati da collaborazioni con musicisti del calibro di Phil Anselmo e Todd Strange, come quelli dei Down, venati di una malinconia capace di pungere le parti più remote dell’anima?
Di conseguenza, quando in una polare mattina di marzo il telefono squilla e una voce amica mi annuncia a bruciapelo che Pepper Keenan tra due ore potrà concederci un’intervista per presentare il nuovo album dei Corrosion Of Conformity, vado in letteralmente in fibrillazione! Sfidando gli impietosi agenti atmosferici, raggiungo il luogo dell’appuntamento per arrivare al cospetto del mitico chitarrista, il quale mi accoglie, come ogni grande rocker che si rispetti, con classici occhiali da sole a goccia, lunghi capelli disordinati (e un po’ brizzolati), drink in mano, voce roca (vi sfido a immaginarne il pazzesco accento) e loquacità pari a zero.
Insomma, quello che si dice un vero, burbero, impenetrabile –ma molto affascinate- gentiluomo del Sud…


Buongiorno Pepper come stai? Ti faccio subito una domanda che farebbe una consorte abbandonata: dove sei stato negli ultimi cinque anni?
Sto benissimo, ti ringrazio. Negli ultimi cinque anni, anche se non ho prodotto lavori con i Corrosion Of Conformity, mi sono dato da fare con altri progetti musicali e personali. Poi dovresti saperlo che nel Sud ce la prendiamo comoda. A proposito: tu dove sei stata negli ultimi cinque anni? (sorride)

Parliamo di questo grande ritorno dei Corrosion Of Conformity con “In The Arms Of God”, un disco, a mio avviso, sorprendente per energia e per soluzioni stilistiche. A cosa si riferisce il titolo esattamente?
Si tratta di una visione metaforica legata all’idea di morire per Dio. I testi e il concept (prende in mano il booklet del disco per illustrarmi alcune immagini legate al tema della guerra e mi indica insistentemente la copertina con una croce che campeggia in primo piano) trattano del fatto che oggi migliaia di individui muoiono in conflitti assurdi causati da ideali quali la religione o la politica. Io, come essere umano, non posso tollerare un simile scempio e voglio opporgli resistenza. Questo disco è una protesta sarcastica all’idea stessa di essere “nelle braccia di Dio” e alla rassegnazione, o al sacrificio, che una tale idea comporta.

Dal punto di vista musicale risulta un lavoro estremamente maturo, per certi versi quasi psichedelico, più vicino a quello che hai realizzato con i Down, piuttosto che, per esempio, a lavori quali “Wiseblood”. Qual è il tuo giudizio a riguardo?
Senza dubbio “In The Arms Of God” è un album più duro e massiccio di quelli passati. Tuttavia, lo considero un’estensione di ciò che abbiamo fatto in precedenza. Il sound è diventato più corposo e organico, i riff sono ampi e ben strutturati, abbiamo inserito maggiori elementi soul rock e una vena sludge piuttosto marcata, ma il desiderio di “corrodere” le convenzioni e la passione nel suonare sono rimasti immutati.

Nella vostra carriera, ormai lunghissima, siete passati attraverso numerosi generi: dal garage/punk alla Black Flag di “Eye for an Eye” al thrash di “Animosity”, dallo hard rock di “Deliverance” alle atmosfere “dark” di “Blind”, quasi prossime al death. Alla luce di tutte queste mutazioni, che musicista sei oggi?
Sono un musicista in continua evoluzione. Deve essere normale e naturale, per chi suona, progredire, non solo per mezzo del perfezionamento della tecnica o del songwriting, ma anche attraverso l’arricchimento della propria ispirazione tramite esperienze materiali e psichiche sempre nuove.

Trovo che i punti di forza di “In The Arms Of God” risiedano, da un lato, nella mutevolezza della vostra inclinazione compositiva, per cui i brani, lungi dall’essere omogenei, presentano incredibili oscillazioni nel “mood” e nello stile; dall’altro, nell’intensità del sound, che è davvero mastodontico . Come si è svolta la registrazione?
La registrazione è durata circa tre mesi. Sai, noi possediamo uno studio nostro nel North Carolina, quindi tutto avviene nella maniera più distesa e rilassata possibile. Non abbiamo nessuno che ci imponga tempi da rispettare, non abbiamo limiti di nessun genere, per questo l’attitudine nella composizione dei brani è estremamente libera, una sorta di costante “work in progress”. Inoltre, anche questa volta ci siamo affidati per la produzione al magnifico John Custer, che è riuscito a infondere al sound un’impronta più heavy e psichedelica del solito.

So che hai molti progetti paralleli, tra cui, ovviamente, i leggendari Down, molto amati sia dal vostro pubblico, che da quello dei Pantera. Stai componendo qualcosa di nuovo con loro? A quali altre collaborazioni ti sei dedicato in questi anni?
Con i Down continuiamo ad accumulare sempre nuovo materiale, ma, siccome siamo soliti registrare un disco in meno di un mese, cavalcando l’onda dell’ispirazione, ancora non abbiamo programmi definiti. Per quanto riguarda altre collaborazioni, ho da tempo un progetto parallelo con il nostro nuovo batterista Stanton Moore –che proviene dall’ambiente jazz/funk- e con un bravissimo sassofonista che ha suonato anche con Les Claypool.

Di recente, nel panorama metal, le band manifestano una tendenza sempre più marcata verso la sperimentazione, mescolando, spesso con poco successo, molteplici influenze. Poiché i Corrosion Of Conformity, all’inizio degli anni Novanta, sono stati tra i precursori di questa varietà di “crossover”, quanto conta ancora tale elemento nel vostro sound? La mia impressione è che abbiate virato con decisione verso sonorità indiscutibilmente “old-school”…
Non ho mai abbandonato il desiderio di sperimentare. Il luogo dove vivo, poi, è particolarmente fertile per sviluppare inedite collaborazioni musicali. Per esempio, mi sto dedicando anche a progetti acustici e di jazz sperimentale. Tuttavia, la caratteristica di fondo dei Corrosion Of Conformity è quella di creare un sound senza tempo, attraverso una struttura, come hai giustamente detto, più “old school”, ancorata alle radici del Southern Rock o a un riffing di ascendenza sabbathiana.

Nel 1991 con “Blind” avevate operato un vero è proprio attacco al cuore del sistema con brani enormemente politicizzati, tra i quali l’indimenticabile “Vote With A Bullett”, in cui affermavi: “This justice in swine/ The Devil in God”. Credo che quelle parole, vista la situazione dell’odierna politica mondiale, si possano tuttora applicare. Qual è, anche alla luce dei testi del nuovo album, la tua posizione sull’argomento?
La mia posizione non è minimamente cambiata. Come ti spiegavo in precedenza, “In The Arms Of God” è un’opera di dissenso sociale e politico che risulterà piuttosto indigesta a molti americani. Un pezzo aggressivo come “Infinite War” è il manifesto più eloquente di ciò che penso riguardo la politica di aggressione perpetrata senza ritegno dagli Stati Uniti.

Vorrei farti una domanda su New Orleans, tua città di origine. Pur non essendoci mai stata, ne ho sempre conservato un’immagine –nutrita soprattutto dal cinema- leggendaria, come se fosse avvolta costantemente da un’aura musicale quasi mistica. Cosa mi puoi raccontare a riguardo?
Dovresti venire a fare un salto in Louisiana, ti piacerebbe senza dubbio. Possiedo anche un bar jazz in città. La musica a New Orleans è ovunque e la vita al Sud scorre lenta e piacevole. C’è una mescolanza di sonorità, di razze e di generi musicali assolutamente straordinaria. Sembra di vivere in una jam session ventiquattro ore su ventiquattro!

State per iniziare un fantastico tour americano con i Motorhead che festeggiano il loro trentesimo anniversario: una combinazione micidiale! Come è nata questa super unione hard rock?
Non potevamo che accoppiarci con qualcuno di infernale almeno quanto noi!!! Saranno show memorabili, i nuovi brani dal vivo sono veramente enormi.

I Corrosion of Conformity sono sempre stati lontani dalle lusinghe del mercato, tuttavia dopo “Wiseblood” molti vi hanno accusato di aver composto un lavoro fin troppo commerciale. Come rispondi a simili critiche?
Sai, questa accusa l’ho sempre trovata ridicola. Se ci pensi, infatti, quando nel 2000 abbiamo pubblicato “Wiseblood”, sul mercato americano c’erano solo band hardcore! Noi abbiamo osato, siamo andati, come al solito, controcorrente e, invece di seguire il gregge, con Woody Weatherman abbiamo riproposto un sound melodico ed heavy, da veri rocker! Quindi, in tale senso, le critiche lasciano il tempo che trovano, dato che per i Corrosion OF Conformity stare al di fuori del mainstream sarà sempre un imperativo categorico.

www.kronic.it
 
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El Brujo
view post Posted on 16/5/2005, 03:18     +1   -1




è sempre bello leggere una intervista a pepper keenan. il nuovo disco è fenomenale, incredibile (per me se la gioca alla pari con "[with_teeth]" dei NIN come disco dell'anno).

solo, non ho capito dove siano i passaggi "dark", "quasi death" in "blind" e perchè "wiseblood" venga indicato come uscito nel 2000...
 
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1 replies since 27/4/2005, 22:04   68 views
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