levo gli spoileri e aggiungo...
il finale di mit gas era una sorta di previsione... quella creatività così densificata nel finale, qui esplode espandendosi... ha un pò di mantra del sapore indiano
War Song è tutta un coro con il trademark minaccioso alla tomahawk... alla Narcosis, ma meno di raccoglimento... poi lo scroscio di pioggia letteralmente ingoia i suoni ambient mistici...
Mescal Rite I : mi sembra i bungle atterrati col disco volante su toro seduto
(si, è assurdo ma rende bene ) stacchi strumentali... con questo anthem proprio da danza attorno al totem... tramina con una sezione fiati...
Ghost Dance: che atmosfera spirituale... traccia più distensiva... parte patton , poi c è un fraseggio tribale oltrepassato da un synt e un hand clapping... sezione ritmica da urlo
che si scioglie lentamente... un colpo di frusta, e riparte Mike col suo vocalizzo indios...
Red Fox:premiata ditta Duane Denison e Patton , mi da l'idea di una sorta di preghiera... che va crescendo nel cantato insistente quanto incattivito e nei leggeri cori...
Cradle Song: l'inizio pare subway dei the cure unito alle parti slow di POP 1
stesso phatos... Mike canta con voce calda tendende al sussurro... su un tappeto strumentale minimalista e suggestivo... synt/chitarra a pochi accordi appunto.. un urlo che sfuma lentamente nell'aria... ripartono le corde... wow... decisamente nelle mie grazie dal primo ascolto
Antelope Ceremony: allucinato intro Denison /Patton, con il secondo che canta sopra ad una specie di jam del primo. Intermezzo di suoni alla Suspended animation.. tra i sussurri del vocalist... e il brano riparte. Dei brani , mi sembra il più "Funny"
Song of Victory: intermezzo latineggiante e skizzato...
divertente Patton... una sorta di filastrocca...quando folleggia così, è un piacere sentirlo...un pizzico di California c è...
Omaha Dance:credo sia di riferimento alla città del Nebraska, territori dei Pawnee, Otoe, Sioux nel 1600... torna il mood più raccolto... tribale , con un songwriting più complesso... Mike usa le corde vocali per disegnare gli angoli nudi della musica... ed è il primo pezzo cantato... (seeee, una strofa
)
Sun Dance: il brano che più ricorda gli esordi... riffing serrato/coro/esplosione HC di Mike . ma sempre con il leitmotiv delle procedenti tracce... interessante il finale ambient... con dei vagiti di basso (si, fa capolino) e batteria... e piano..
Mescal Rite II: radici folk... rifinito coralmente... nell'aria c è il canto di Mike che si rafforza...acquistando una ritmica drum 'n' bass (
) che si dilata... anche questo è un brano cantato... finale lasciato ad intuizioni orientaleggianti di Denison...
Totem: sorpresina...
a due voci... sezione cori che pare uscita da un teatro dell'opera... (un pò alla diablo swing insomma ) con finale Gongato. è quella che per ora mi convince meno... strana la tonalità delle strofe... ( più da Peeping Tom a dire il vero... )
Crow Dance: vive di due spezzoni, un primo più afro ritmicamente, il secondo solenne e a tratti epico... finale sognante con piano e chitarre registrate alla rovescia... forse è quella che più si avvicina alla concezione di canzone strofa/ritornello strofa indieme alla precedente...
Long, Long Weary Day:Denison... chiude il sipario impossessandosi del palcoscenico con la sua chitarra, folk... ma dal sapore di un vero e proprio outro...
insomma, non c era nessuno scherzo, sembra un vero e proprio concept album sui nativi americani... è palese quel sapore indiano che pervade il disco dalla prima e l'ultima traccia, è una novità sicuramente, ci han spiazzato ancora... pur lasciando come una traccia dai vecchi album ,che funzioni da guida per addentrarci in quasto "Villaggio" sconosciuto e affascinante... ricco di rifiniture sonore... l'album che di certo non chiarisce le percentuali di songwriting che effettivamente è presente nell'asse Duane/Mike (il primo mi sembra evoluto sorprendentemente, molti di meno i riff crudi,e più carezze stilistiche; il secondo, canta molto meno del solito, più rifinitore alla disco volante insomma)... ma che a sorpresa esalta le doti di John Stanier, davvero in gran forma e libero di mostrare uno stile più vario. La questione bassista resta, lo strumento nel lavoro sembra per la maggior parte latitante... eppure il dettaglio non stona nel complesso del disco, che sembra così ricco... Gustoso...
non credo ne sia l'erede... mi pare voglia esserne una strada meno ampia (di commistione di generi) e più spirituale .. non solo di Patton, ma anche di Duane ( ho notato anche ascoltando il nuovo side...) Cradle Song e ghost dance... enormi...